mercoledì 30 marzo 2011

IL CINEMA “NEOREALISTA”.



Il cinema comunemente definito “Neorealista” si affermò nell’Italia del secondo dopoguerra, tra la metà degli anni Quaranta ed i primi anni Cinquanta, raggiungendo la massima diffusione tra il 1943 ed il 1952. In quegli anni il grande schermo smise di essere l’oggetto grazie al quale tutti potevano sognare ad occhi aperti e divenne una finestra sulla realtà. Su di esso si cominciò a narrare con disincanto gli orrori della guerra, l’occupazione, la lotta partigiana, la liberazione. Esso divenne uno specchio sul quale riconoscere le storie ed i problemi di tutti, quelli che afflissero e talvolta affliggono ancora il nostro Paese. Liberati dall’oppressione dell’epoca fascista e dalla necessità della propaganda, gli intellettuali ed i cineasti poterono finalmente esprimere liberamente la loro posizione e dare un contributo alla rinascita sociale e culturale italiana. Il cinema poté “parlare” un linguaggio comprensibile  a tutti e denunciare così i problemi sociali dell’epoca soprattutto a carico delle classi popolari. Di seguito ecco le caratteristiche salienti del filone NEOREALISTA:
i ritratti di personaggi umili, tutti presi dalla ricerca della soluzione ai loro problemi quotidiani più urgenti, la disoccupazione, il bisogno di “sbarcare il lunario”. Mancò da parte dei registi la volontà di essere patetici e mancò la ricerca della bella immagine, a favore dell’efficacia e dell’immediatezza della denuncia sociale, pur senza un giudizio diretto. Nulla fu  addolcito o edulcorato per compiacere il pubblico, ma tutto fu lasciato alla disarmante spontaneità di attori presi dalla strada, non professionisti, “attori per caso”,ma dotati di forte espressività. Non si volle evocare il semplice coinvolgimento emotivo,ma esibire la piena  consapevolezza dello scoraggiamento e delle necessità comuni a tutti. Le riprese si svolsero per lo più all’aperto a causa di una Cinecittà impraticabile e rifugio di sfollati. La volontà di riprodurre in modo efficace la realtà investì sull’uso della parlata popolare, dei modi di dire, del linguaggio semplice ed immediato , del dialetto. Questi espedienti linguistici fecero emergere alcune differenze sociali e regionali che fino a quel momento erano state annullate dalla necessaria adesione al modello fascista dell’italianità comune a tutti gli abitanti della penisola. I  bambini furono spesso coinvolti nelle riprese con ruoli più o meno importanti per rappresentare l’innocenza, l’esempio, l’auspicabile fiducia nel futuro che sarebbero state necessarie anche agli adulti. Sono oggi universalmente esemplari personaggi come:
- i lustrascarpe del film “Sciuscià”immortalati da Vittorio De Sica nel 1946;
- il disoccupato romano del film”Ladri di biciclette”, sempre di De Sica, ma risalente al 1948;
-dello stesso De Sica  il pensionato della pellicola “Umberto D.” del 1952.
 Un altro maestro risponde al nome di Roberto Rossellini regista di capolavori come :
-“Roma città aperta” del 1945 con Aldo Fabrizi;
 -“Paisa”del 1946;
- “Germania anno zero” del 1948.
Diciamo ancora oggi grazie a Luchino Visconti per:
- “La terra trema” del 1948, tratto dal romanzo “I Malavoglia”di Giovanni Verga;
Bellissima” del 1951 con Anna Magnani.
 Una delle persone che collaborarono a rendere immortali alcuni dei più importanti film Neorealisti fu lo sceneggiatore Cesare Zavattini.
Il film del 1949 intitolato “Riso amaro” diretto da Giuseppe de Santis resta una delle migliori interpretazioni di Silvana Mangano e Vittorio Gassman.
Possiamo citare come semplicemente ispirato dal filone Neorealista il film “La ciociara” del 1960, di Vittorio De Sica,  tratto dal romanzo di Alberto Moravia, con Sophia Loren, PREMIO OSCAR come migliore attrice. 




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